Categoria: LEGGERE
ENEA, LO STRANIERO. LE ORIGINI DI ROMA

Giulio Guidorizzi, Enea, lo straniero. Le origini di Roma. Einaudi 2020, pp.183

Un romanzo, che è anche un saggio, racconta di come accadde che un migrante pose le basi per la fondazione di quella che sarà la superpotenza europea del mondo antico.

Guidorizzi, dopo aver "raccontato" l'Iliade (Io, Agamennone, Einaudi 2016) e l'Odissea (Ulisse, Einaudi 2018), con questo libro ci regala il "racconto" dell'Eneide. Racconto affascinante, il mito dell'eroe non-eroe, persona "normale" ma figlio di una dea, Venere, e quindi "fortunato" e "destinato" - guidato dal Fato -, che riesce a salvarsi dalla distruzione della sua città, Troia, e, come i giovani normali dei nostri giorni deve "badare" alla sussistenza del proprio genitore anziano - che porta significativamente "sulle spalle" - e guidare per mano suo figlio nel nuovo mondo. Nuovo mondo che Enea stesso dovrà fondare e che, noi sappiamo, diventerà un grande impero.




E' tutto, o quasi, precisato nelle quattro pagine del prologo: "I Romani sapevano di discendere da un 'advena', uno che viene da fuori, accompagnato da fuggiaschi che avevano attraversato il mare rischiando mille volte di morire e scomparire nelle acque." (p.4) Lo stesso Seneca, ci ricorda Guidorizzi, scrive: "L'impero romano ha come fondatore un esule, un profugo che aveva perso la patria e si portava dietro un pugno di superstiti alla ricerca di una terra lontana..." (p.4). I Greci, gli Ateniesi, al contrario, ritenevano di essere autoctoni; il loro mito delle origini faceva sorgere il loro primo re, Cecrope, direttamente dal suolo. Insomma - attualizzando con una forzatura forse un po' blasfema - gli Ateniesi erano per lo ius sanguinis (la cittadinanza ateniese si acquisiva solo nascendo da un ateniese) mentre i Romani integravano i nuovi venuti con lo ius soli (la cittadinanza romana venne concessa prima agli abitanti dell'intera Italia e poi a quelli dell'Impero intero). Del resto, il mito della fondazione materiale della città di Roma racconta che "Romolo, secondo il responso degli indovini, scavò una fossa circolaree vi depose delle offerte. Ciascuno dei suoi compagni gettò nella fossa una manciata della terra da cui proveniva; poi lui aggiogò una vacca e un toro allo stesso aratro e tracciò un confine circolare, e chi lo seguiva spostava all'interno le zolle sollevate dall'aratro in modo che nessuna rimanesse fuori. Le zolle di terre diverse si rimescolarono tra loro, come si rimescolarono tra loro i banditi e i forestieri che avevano seguito Romolo." (p.4).

Per saperne di più suggerisco la recensione di Piero Boitani sul supplemento domenicale de "Il Sole 24 ore" del 20 settembre 2020 reperibile sul sito di Giulio Guidorizzi