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EUROPA A PROCESSO. COLLABORAZIONISMO, RESISTENZA E GIUSTIZIA FRA GUERRA E DOPOGUERRA
Istvàn Deàk, Europa a processo. Collaborazionismo, resistenza e giustizia tra guerra e dopoguerra, Il Mulino 2019, pp. 296 € 25,00

Inserito fra i tre libri finalisti del Premio Friuli Storia 2020.
Il libro racconta e analizza la seconda guerra mondiale in Europa dal punto di vista delle popolazioni civili europee. Pone la questione dell'atteggiamento dei civili e dei governi nei confronti dell'occupazione nazista, che al suo culmine, nell'estate del 1942, dominava il continente dalla Norvegia al Caucaso, dal Baltico al Mediterraneo. Gli europei si divisero tra collaborazionisti e resistenti, ma la maggioranza fu attendista, cercando di capire chi sarebbe stato il vincitore. Il dopoguerra, poi, fu molto interessante poiché oltre alle violenze delle vendette, per la prima volta, ci furono processi - il più famoso è quello di Norimberga - che stabilirono dei precedenti giuridici importanti: crimini contro la pace, crimini di guerra, crimini contro l'umanità.
Lo spazio è quindi l'Europa continentale. Il tempo è quella della seconda guerra mondiale 1939-1945, con l'anticipo dell'Anschluss e dell'annessione dei Sudeti e di Praga.
Vengono analizzate le nazioni alleate di Hitler e quelle occupate in guerra.  Quali  camportamenti? Fino al 1941, ricorda Deàk, ci fu una sorta di "luna di miele": il patto Molotov-Ribbentrop assicurava non solo la neutralità dell'URSS ma anche la non-resistenza dei partiti comunisti occidentali.  Dal 22 giugno 1941 cessò tutto; l'invasione dell'Unione Sovietica, la cosiddetta "operazione Barbarossa", cambiò le carte in tavola. La resistenza delle armate sovietiche diede animo ai resistenti occidentali. La sconfitta nazista a Stalingrado nel febbraio 1943 rovesciò la situazione. Il futuro vincitore non apparve più così certo, al contrario. Roosevelt, Stalin e Churchill si sarebbero spartiti il mondo.
I successivi due anni furono anni di inaudite violenze. Partigiani, collaborazionisti, soldati regolari, sbandati, gente affamata, e, in mezzo a tutto questo, la "soluzione finale", la Shoa!
Deàk ci racconta tutto in modo nè ovvio nè scontato, cercando sempre di dire le cose come e perché andarono in quel modo; l'Europa nella sua guerra più catastrofica, in poche pagine: "in estrema sintesi" come spesso scrive.
Infine, i processi del dopoguerra. Per la prima volta, oltre alla violenza delle vendette si tennero regolari processi. Il più noto, e più importante fu certamente quello di Norimberga. In esso si fissarono concetti giuridici di fondo per il futuro del mondo: "crimini contro la pace", "crimini di guerra", crimini contro l'umanità".
E oggi alcune frasi conclusive del libro fanno pensare:
"...quando una forma estrema di nazionalismo aggressivo fece la sua comparsa prima in Italia e poi in Germania, i paesi europei si rifiutarono di coordinare le loro misure difensive e preferirono la sottomissione alla resistenza." (p. 237)
"Non solo gran parte degli europei si mostrarono indifferenti al destino dei loro fratelli ebrei, rom, sinti, dissidenti o omosessuali, ma milioni di loro parteciparono attivamente alla loro caccia o quanto meno trassero vantaggio dalla loro rimozione sociale e dalla loro eliminazione." (p. 238)