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LE CENERI DI BABIJ JAR. L'ECCIDIO DEGLI EBREI DI KIEV
Antonella Salomoni, Le ceneri di Babij Jar. L'eccidio degli ebrei di Kiev, Il Mulino 2019

Inserito fra i tre libri finalisti del Premio Friuli Storia 2020.
Antonella Salomoni mostra molto bene l’utilità della ricerca storica. Mette allo scoperto  una verità volutamente nascosta e contraffatta per anni e anni. E la verità sottolineata non sta solo nella strage di Babij Jar ma anche e soprattutto nell’antisemitismo di lunga durata presente ancora oggi  nei popoli europei. Babij Jar era una grande gola in prossimità di Kiev tra i sobborghi di Luk'janika e Sirec'. Il 29 e 30 settembre 1941 le truppe tedesche vi sterminarono, a colpi d'arma da fuoco, 33.771 ebrei.
Antonella Salomoni, ordinario di storia contemporanea all'Università della Calabria, racconta l'eccidio nelle prime 60 pagine delle 337 del libro. Tutte le altre raccontano l'antisemitismo della società ucraina e le continue giravolte dei governi sovietici dal 1945 al 1991 per occultare l'eccidio degli ebrei. Innanzitutto si provvide ad abbandonare il luogo a se stesso, assieme al vicino antico cimitero ebraico, facendone una discarica di rifiuti urbani. Poi si insabbiò il luogo, riempiendo la gola fino a farne un pianoro. Il progetto di costruire un parco giochi con campi sportivi, non fu realizzato per la protesta di intellettuali, scrittori, artisti ebrei e dissidenti sovietici. Salomoni assume Victor Nekrasov, architetto e scrittore, combattente della battaglia di Stalingrado, come simbolo della lotta condotta affinché a Babij Jar fosse lasciato un segno dell'eccidio degli ebrei; le sue manifestazioni di protesta furono continue e diverse, tanto che fu costretto a emigrare in Occidente.
Finalmente i governi sovietici si costrinsero ad erigere un monumento a Kiev, ma per esaltare l'eroismo e la resistenza dei soldati e della popolazione sovietica secondo la retorica del tempo, evitando in ogni modo di citare gli ebrei uccisi. L'antisemitismo incistato nella cultura e nella mentalità ucraina e russo-sovietica viene ben descritto dalla Salomoni raccontando di fake news sugli ebrei e dell'accusa di codardia fatta alla popolazione ebraica di Kiev, condotta con l'inganno a Babij Jar e colà fucilata.
E' vero che nella gola di Babij Jar finirono uccisi prigionieri russi, partigiani ucraini, rom, persone disabili o considerate asociali dai nazisti, ma i 33.771 ebrei furono trucidati per il solo fatto di essere nati, comprese donne, vecchi e bambini.
Si è fatto di tutto per dimenticare Babij Jar. Perfino Elie Wiesal dovette battere la disinformazione e la negazione di Babij Jar per superare il suo iniziale disinteresse per quella vicenda, di cui si conosceva poco o niente.
Infatti, come ha scritto Ivan Dzjuba, critico letterario e accademico ucraino, "Babij Jar è una tragedia che riguarda tutta l'umanità ma si è consumata in terra ucraina. Ecco perché un ucraino, alla stregua di un ebreo, non ha diritto di dimenticarla. Babij Jar è una tragedia che ci è comune, che riguarda in primo luogo il popolo ebraico e il popolo ucraino." (p.275).
Si tratta di uno dei tanti crimini del nazismo, compiuto con il collaborazionismo volenteroso dell'antisemitismo ucraino, coperto per anni dai successivi governi antinazisti sovietici. Vengono in mente i nostri "armadi della vergogna" dove per anni, dopo la guerra, i governi italiani hanno nascosto le prove deglli eccidi compiuti sui civili dalle truppe tedesche e dai nostri volenterosi carnefici fascisti.