Don Luigi Ciotti, Lettera a un razzista del terzo millennio, Edizioni Abele, 2019, pp. 78, € 6,00
Un libretto d’oro. Che tutte e tutti dovrebbero leggere. Che la classe dirigente del nostro paese dovrebbe studiare. Sul quale ogni politico, direttore d’azienda, commerciante, presidente di qualcosa, vigile urbano, poliziotto, bancario, impiegato in un ufficio postale o in altro ufficio aperto al pubblico, autista di un mezzo pubblico, insomma ogni cittadino e cittadina di questa Repubblica, dovrebbe riflettere e studiare, studiare e riflettere.
E dopo, sottoporsi a un’interrogazione, un esame (come a scuola o all’Università) condotto da Don Ciotti.
O almeno partecipare a un dibattito. Magari in uno di quei maledetti talk show dove non si capisce niente, trasformandolo in una trasmissione del tipo “Non è mai troppo tardi”, quando il maestro Manzi insegnava a leggere, scrivere e far di conto a migliaia di italiani analfabeti.
Scrive Don Ciotti:
“Il razzismo, dopo essere stato per decenni un tabù, incombe oggi sul nostro Paese. Parlo del razzismo nella sua accezione più cruda, cioè della pulsione ostile, aggressiva nei confronti di chi è percepito come diverso: per il colore della pelle o per abitudini di vita, lingua, religione.”
E ancora:
“Oggi la peste del rancore è diffusa, favorita dall’angoscia economica, dalla mancanza di lavoro, dall’assenza di opportunità e prospettive. L’immigrato – il ‘diverso’ in genere – diventa così il capro espiatorio, come è accaduto in altri tragici momenti della storia”.
MEDITIAMO!