Categoria: PENSARE
SOFOCLE, ANTIGONE
Sofocle, Antigone, a cura di Massimo Cacciari, Einaudi 2007, pp. 46, € 10,00

La trama è nota. I personaggi sono: Creonte, re di Tebe; Eteocle, Polinice, Antigone e Ismene, sono i quattro figli di Edipo. Polinice combatte contro Tebe mentre Eteocle, suo fratello la difende. Nello scontro muoiono entrambi. Creonte concede gli onori della sepoltura a Eteocle mentre ordina di lasciare agli avvoltoi Polinice, il ribelle. Antigone si ribella alla legge di Creonte e dà sepoltura a suo fratello, mentre Ismene non intende disobbedire alla legge. Antigone viene condannata a morte e si uccide. Emone, figlio di Creonte e promesso sposo di Antigone si ribella al padre e si uccide.

Importante è l'introduzione di M. Cacciari.
Creonte è la legge della polis, Antigone è la Legge degli dèi, a cui anche essi stessi devono sottostare. Creonte pecca di hybris, di superbia, vuole andare oltre la dike, la legge divina. Ma al conflitto tra Antigone e Creonte la città, la polis dovrà sopravvivere. A Creonte non è concesso il farmaco della morte.
"Ciò che incombe, ciò che è necessario affrontare è la cura per la città, perché la città resista nei suoi confini di umana, troppo umana saggezza, di prudenza e di misura. In tali confini non è dato sapere il futuro, avere a guida l'oracolo del dio. Scrutarlo possiamo, soltanto, per deboli indizi, sulla base dell'historia, della conoscenza e descrizione dei fatti, dell'accaduto"

La condizione del cittadino, nella polis di cui fa integralmente parte è così cantata da Sofocle nel Coro che introduce alla cattura di Antigone che ha infranto la legge:

"Molte potenze sono tremende ma nessuna lo è più dell'uomo. E' lui che oltre il mare canuto procede nella tempesta invernale attraverso i flutti che gli si frangono intorno. E' lui che la dea suprema tra tutti gli déi, Gaia, inconsumabile, instancabile, rivoltando violenta anno per anno con gli aratri tirati dalla stirpe equina.
E' lui che cattura con attorte reti gli uccelli dalla mente alata e le fiere selvagge e gli animali del mare. E' lui, l'uomo, capace di pensiero, che ha il potere sulle bestie dei campi e su quelle che vagano sui monti; è lui che aggioga il cavallo crinito e l'infaticabile toro.
E' lui che la parola e il pensiero simile al vento ha imparato e l'impulso che porta alla legge e a fuggire gli strali tremendi dell'inabitabile gelo sotto l'etere aperto. Ovunque s'apre la strada, in nulla s'arresta. Così affronta il futuro. Da Ade solo non ha escogitato scampo, per quanti rimedi abbia inventato a inguaribili mali.
Oltre ogni speranza e ogni attesa, conosce, fabbrica, inventa, a volte volgendosi al male, altre al bene. Allorché s'accorda alle leggi della sua terra e alla giustizia giurata degli dèi siede in alto nella città; ma se si macchia di azioni malvagie e sfrontata audacia, della città neppure fa parte. Mai gli sarò commensale, mai avrò animo uguale con chi agisce."

La parola di Antigone uccide il potere delle leggi della polis svuotandole dall'interno in nome della sola legge che lei rispetta, quella superiore agli stessi dèi. Sofocle tratteggia in modo supremo l'incontro e lo scontro tra la Legge e Giustizia, tra Antigone e Ismene, non a caso sorelle.